Un ministro a Barbiana
di Brizigrafo
All'Istruzione Fioroni Giuseppe, 1958, laureato in medicina, democristiano, scout, ex sindaco di Viterbo, ex responsabile sanità del Partito Popolare e dipartimento Enti Locali nella Margherita
Fabio Mussi, il “compagno Seboso” di lontane vignette angesiane, neo ministro dell’Università e Ricerca, si capisce di più. Ma si sa: le esigenze poltroniere hanno fatto si che il ministero unificato della Moratti si disgiungesse. Non è questo il punto.
È il background di Fioroni a lasciare perplessi. Come la pensa su alcuni argomenti viene fuori dalle sue prese di posizione. Non sembra che di scuola si sia mai occupato. L’istruzione non è un fatto solo politico. Come l’economia è anche una questione tecnica. Non sono un sostenitore a tutti i costi di ministri “esperti”, ma un po’ di competenza è giusto che l’abbiano.
Tuttavia non sarebbe la prima volta che una persona apparentemente inadeguata si comporta meglio di altri più preparati. Vedremo.
Per il debutto Fioroni è andato a Barbiana, in omaggio a Don Milani, non so se perché cattolico o per conoscenza della sua pedagogia. Se così fosse dovrebbe prendere la non-riforma Moratti e, come ha fatto a suo tempo la signora Letizia Brichetto con la precedente legislazione, abrogarla in un solo comma.
En passant ricordo che a tal scopo sono già state raccolte oltre 65000 firme (leggepopolare.it).
Don Milani è stato – oggi molte cose sono cambiate – un esempio solo per pochi “pericolosi rivoluzionari”. La scuola di quel periodo era quella da lui denunciata in Lettera a una professoressa.
Per il Priore di Barbiana, finito lì per punizione, ubbidire non era una virtù e infatti fu sempre inviso alle gerarchie ecclesiastiche. Convinto che bisognasse dare più “parole” a chi ne ha di meno per potenziare la capacità di produrre concetti, era un esponente di quella pedagogia per gli oppressi che non è mai piaciuta molto ai ceti dirigenti.
Avere più parole significa comprendere ed esprimersi, cioè generare pensiero critico che è sempre, almeno in parte, relativo e divergente. Chiedersi il perché degli eventi, indagare senza pregiudizi, cercare risposte non preconfezionate da altri, deviare dagli schemi comportamentali largamente condivisi tenendo fede ad un proprio rigore intellettuale e morale sono indicazioni che molti potrebbero avallare, però quasi nessuno segue. Se praticate in larga scala minano alle fondamenta il principio d’autorità di chi detiene il potere – economico ed ideologico – e vuole continuare indisturbato a compiere scelte che sempre riguardano tutti anche quando i beneficiari sono pochi.
La finanza come il calcio, l’industria culturale, la politica e quant’altro non cercano condivisione, ma solo cieco consenso e l’ottengono con il monopolio della comunicazione e dell’informazione. Il bombardamento mediatico di modelli standardizzati abbassa la capacità di accedere alla parola anche se, oggi come non mai, la tecnologia permetterebbe a chiunque di prenderla.
Così il cerchio si richiude. Don Milani e tutti gli educatori che credono nel valore sovversivo della conoscenza sono ben lontani dall'aver vinto la loro battaglia.
All'Istruzione Fioroni Giuseppe, 1958, laureato in medicina, democristiano, scout, ex sindaco di Viterbo, ex responsabile sanità del Partito Popolare e dipartimento Enti Locali nella Margherita
Fabio Mussi, il “compagno Seboso” di lontane vignette angesiane, neo ministro dell’Università e Ricerca, si capisce di più. Ma si sa: le esigenze poltroniere hanno fatto si che il ministero unificato della Moratti si disgiungesse. Non è questo il punto.
È il background di Fioroni a lasciare perplessi. Come la pensa su alcuni argomenti viene fuori dalle sue prese di posizione. Non sembra che di scuola si sia mai occupato. L’istruzione non è un fatto solo politico. Come l’economia è anche una questione tecnica. Non sono un sostenitore a tutti i costi di ministri “esperti”, ma un po’ di competenza è giusto che l’abbiano.
Tuttavia non sarebbe la prima volta che una persona apparentemente inadeguata si comporta meglio di altri più preparati. Vedremo.
Per il debutto Fioroni è andato a Barbiana, in omaggio a Don Milani, non so se perché cattolico o per conoscenza della sua pedagogia. Se così fosse dovrebbe prendere la non-riforma Moratti e, come ha fatto a suo tempo la signora Letizia Brichetto con la precedente legislazione, abrogarla in un solo comma.
En passant ricordo che a tal scopo sono già state raccolte oltre 65000 firme (leggepopolare.it).
Don Milani è stato – oggi molte cose sono cambiate – un esempio solo per pochi “pericolosi rivoluzionari”. La scuola di quel periodo era quella da lui denunciata in Lettera a una professoressa.
Per il Priore di Barbiana, finito lì per punizione, ubbidire non era una virtù e infatti fu sempre inviso alle gerarchie ecclesiastiche. Convinto che bisognasse dare più “parole” a chi ne ha di meno per potenziare la capacità di produrre concetti, era un esponente di quella pedagogia per gli oppressi che non è mai piaciuta molto ai ceti dirigenti.
Avere più parole significa comprendere ed esprimersi, cioè generare pensiero critico che è sempre, almeno in parte, relativo e divergente. Chiedersi il perché degli eventi, indagare senza pregiudizi, cercare risposte non preconfezionate da altri, deviare dagli schemi comportamentali largamente condivisi tenendo fede ad un proprio rigore intellettuale e morale sono indicazioni che molti potrebbero avallare, però quasi nessuno segue. Se praticate in larga scala minano alle fondamenta il principio d’autorità di chi detiene il potere – economico ed ideologico – e vuole continuare indisturbato a compiere scelte che sempre riguardano tutti anche quando i beneficiari sono pochi.
La finanza come il calcio, l’industria culturale, la politica e quant’altro non cercano condivisione, ma solo cieco consenso e l’ottengono con il monopolio della comunicazione e dell’informazione. Il bombardamento mediatico di modelli standardizzati abbassa la capacità di accedere alla parola anche se, oggi come non mai, la tecnologia permetterebbe a chiunque di prenderla.
Così il cerchio si richiude. Don Milani e tutti gli educatori che credono nel valore sovversivo della conoscenza sono ben lontani dall'aver vinto la loro battaglia.