29.5.06

Un ministro a Barbiana

di Brizigrafo

All'Istruzione Fioroni Giuseppe, 1958, laureato in medicina, democristiano, scout, ex sindaco di Viterbo, ex responsabile sanità del Partito Popolare e dipartimento Enti Locali nella Margherita

Fabio Mussi, il “compagno Seboso” di lontane vignette angesiane, neo ministro dell’Università e Ricerca, si capisce di più. Ma si sa: le esigenze poltroniere hanno fatto si che il ministero unificato della Moratti si disgiungesse. Non è questo il punto.

È il background di Fioroni a lasciare perplessi. Come la pensa su alcuni argomenti viene fuori dalle sue prese di posizione. Non sembra che di scuola si sia mai occupato. L’istruzione non è un fatto solo politico. Come l’economia è anche una questione tecnica. Non sono un sostenitore a tutti i costi di ministri “esperti”, ma un po’ di competenza è giusto che l’abbiano.

Tuttavia non sarebbe la prima volta che una persona apparentemente inadeguata si comporta meglio di altri più preparati. Vedremo.

Per il debutto Fioroni è andato a Barbiana, in omaggio a Don Milani, non so se perché cattolico o per conoscenza della sua pedagogia. Se così fosse dovrebbe prendere la non-riforma Moratti e, come ha fatto a suo tempo la signora Letizia Brichetto con la precedente legislazione, abrogarla in un solo comma.

En passant ricordo che a tal scopo sono già state raccolte oltre 65000 firme (leggepopolare.it).

Don Milani è stato – oggi molte cose sono cambiate – un esempio solo per pochi “pericolosi rivoluzionari”. La scuola di quel periodo era quella da lui denunciata in Lettera a una professoressa.

Per il Priore di Barbiana, finito lì per punizione, ubbidire non era una virtù e infatti fu sempre inviso alle gerarchie ecclesiastiche. Convinto che bisognasse dare più “parole” a chi ne ha di meno per potenziare la capacità di produrre concetti, era un esponente di quella pedagogia per gli oppressi che non è mai piaciuta molto ai ceti dirigenti.

Avere più parole significa comprendere ed esprimersi, cioè generare pensiero critico che è sempre, almeno in parte, relativo e divergente. Chiedersi il perché degli eventi, indagare senza pregiudizi, cercare risposte non preconfezionate da altri, deviare dagli schemi comportamentali largamente condivisi tenendo fede ad un proprio rigore intellettuale e morale sono indicazioni che molti potrebbero avallare, però quasi nessuno segue. Se praticate in larga scala minano alle fondamenta il principio d’autorità di chi detiene il potere – economico ed ideologico – e vuole continuare indisturbato a compiere scelte che sempre riguardano tutti anche quando i beneficiari sono pochi.

La finanza come il calcio, l’industria culturale, la politica e quant’altro non cercano condivisione, ma solo cieco consenso e l’ottengono con il monopolio della comunicazione e dell’informazione. Il bombardamento mediatico di modelli standardizzati abbassa la capacità di accedere alla parola anche se, oggi come non mai, la tecnologia permetterebbe a chiunque di prenderla.

Così il cerchio si richiude. Don Milani e tutti gli educatori che credono nel valore sovversivo della conoscenza sono ben lontani dall'aver vinto la loro battaglia.

12.5.06

Add'a veni' baffino

di Brizigrafo

Perorazione per D'Alema Presidente


D'Alema piace alla destra, inutile star lì. Perfino Feltri, dicasi Feltri, quello di Libero, sotto sotto ne tesse gli elogi. Evabbè. L'antipatico salirà al colle, ce l'auguriamo. Personalmente avrei preferito una donna, ma in Italia sperare in una Presidentessa della Repubblica o, ancor meglio, del Consiglio, è azzardato.

E D'Alema sia. Finalmente placato dall'alto scranno potrà dire le sue bischerate senza far incazzare quelli di sinistra e far perdere voti al suo schieramento.

Prodi non avrà da guardarsi continuamente le spalle, i risicati vincitori delle elezioni potranno far schiattare d'invidia gli avversari dando prova, con la totale occupazione delle poltrone che contano, d'aver imparato la lezione maggioritaria impartita della scorsa legislatura, i DS non si sentiranno più coloro "che hanno dato il sangue per la coalizione" (parole dello stesso Massimo), un ministero importante in più resterà vacante per soddisfare le ambizioni di qualche Rutelli o Mastella.

Tutti soddisfatti. Così potrebbe andare se il diavolo non ci metterà la coda e finalmente il buon professore potrà tentare l'arduo compito di governare.

Baffone (Stalin per chi non sa o se n'è dimenticato) non è mai arrivato ad abbeverare i cavalli in S. Pietro, deludendo le aspettative dei suoi sostenitori.

A non aver ancora superato il trauma dell'attesa è rimasto solo il Cavaliere che finalmente vedrà avverarsi i suoi incubi notturni: un pericoloso comunista al Quirinale... e lui che ci avrebbe tenuto tanto!

Ma in fondo in fondo D'Alema è un amico, l'unico che non avrebbe disdegnato un grande inciucio (ricordate la bicamerale e anche le ultime dichiarazioni sulle proposte post elettorali del premier che non voleva scollarsi dall'incarico?).

E poi il Cavaliere, che nonostante il titolo uomo dell'800 è assai poco, ha stima per coloro che lo sono.

Infatti tra le frasi celebri del presidente in pectore ne spicca una (tratta da beppegrillo.it Braccia rubate al lavoro: Massimo D'Alema): “Sono un uomo dell'Ottocento, non ho orologio, uso poco il telefonino, diffido del computer”.

Andiamo bene! Per fortuna che non avrà da fare altro se non il Presidente della Repubblica.

Forse un lavoro glielo abbiamo trovato.

ilbarbieredellasera.com
Distribuzione libera, purché sia inclusa la presente dicitura