9.5.12

Grillo, il guru che tira la volata

 di Fabrizio Garlaschelli  (La Provincia Pavese 9 maggio 2012)

Gran risultato del Movimento 5 stelle.
Sono contento per i "grillini" giovani e impegnati sul territorio. Qualcuno vuole paragonarli ai leghisti dei primi tempi. Direi che sono agli antipodi per preparazione culturale e tipologia politica. Almeno quelli che conosco. Come sempre quando un movimento cresce non mancano nelle sue fila fanatici e sostenitori acritici che prendono per oro colato tutte le stupidate sparate del loro guru. E Grillo è un guru.
Non esistono guru democratici. L'uomo che sta dietro magari lo è, così come può essere umanamente splendido, almeno fin tanto che non si prende totalmente sul serio.
Per Grillo questo è il maggior limite. Ha bisogno di un pubblico che penda dalle sue labbra; è nella sua natura di attore. Ma è anche persona dotata di intuito straordinario nel cogliere il "nuovo" dalle sollecitazioni che riceve. Lo ha fatto con l'ecologia, con l'economia, con la rete e il suo uso, con la politica. Dire che è un qualunquista antipolitico significa non tener conto del suo iter teatral-politico. Anzi, a ben guardare ha recuperato all'interesse per la cosa pubblica una frazione importante di persone che non ne volevano più sapere. Eccessivo, volgare, schematico, superficiale, piace al pubblico proprio per la semplicità immediata con la quale veicola i contenuti, spesso non facili, dei suoi messaggi, allo stesso modo delle sciocchezze demagogiche. Gli intellettuali che sostengono cose simili alle sue sono ovviamente più precisi ed articolati, ma anche infinitamente più prolissi e noiosi. Le loro "corrette" argomentazioni non raggiungono lo scopo di scaldare e tantomeno influenzare un pubblico né grande né piccolo.
Così Grillo è riuscito nell'impresa di costruire un partito ora forse superiore al dieci per cento. Ma non con un elettorato che vota per lui, improponibile leader politico, bensì per una serie di personaggi anonimi, a volte anche abbastanza grigi, però volenterosi, ai quali il "guru" tira la volata finale riempiendo una piazza con i suoi frizzi e lazzi.
Fino ad ora tuttavia la cosiddetta "gente" veniva, rideva, applaudiva e solo in minima parte votava Movimento 5 stelle.
Ci sono voluti quasi vent'anni di porcherie berluscon-leghiste, lo sfascio etico-culturale non solo della destra, ma anche della sinistra, l'informazione televisiva e giornalistica "paludata" priva di credibilità, la diffusione di internet e dei social network, una devastante crisi economica e la spocchia "professorale" antipopolare del governo Monti per ottenere questo risultato.
Ora agli eletti nelle amministrazioni comunali spetta l'onere di far seguire alle parole i fatti, senza trasformarsi nella ennesima speranza delusa. Ma è presto: ben pochi avranno autentiche responsabilità di governo locale. Per ora dovranno far bene l'opposizione che è pur sempre più facile che governare.
Alla prossima tornata elettorale tutto potrebbe essere diverso. Se in qualche modo la situazione dovesse rinormalizzarsi anche il successo elettorale dei "grillini" si ridimensionerebbe. Se le cose peggioreranno, come c'è fortemente da temere, le chance del Movimento 5 stelle aumenteranno.
Ciò che i partiti tradizionali e i loro leader non sembrano aver capito, insieme a mille altre cose, è che non è stato Grillo a vincere facendo leva sul populismo e l'antipolitica. Sono stati loro a perdere continuando ad autoalimentarsi come ceto politico corrotto ed inetto, incuranti del fatto che aumentano coloro che, aperti gli occhi, hanno cominciato a gridare "il re è nudo!".
Anche a Pavia se si fosse votato ora le cose sarebbero andate diversamente.

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26.6.11

Innovazione nelle scuole

Fabrizio Garlaschelli (La Provincia Pavese, giugno2011)

Alcuni genitori pavesi protestano per l'introduzione del Wi-Fi in un edificio scolastico in via di ristrutturazione, non ritengono importante avere Internet a scuola e preferirebbero un'ora di gioco in più a un'ora davanti al computer.
Hanno paura delle onde elettromagnetiche.
Sono francamente stupito di queste strane prese di posizione. Solo qualche anno fa si chiedeva a gran voce esattamente il contrario.
Per carità più movimento e meno reclusione nelle classi mi trova assolutamente d'accordo. Anche per questo era nato il tempo pieno, prima svuotato di significato dagli insegnanti che non lo hanno mai davvero condiviso e poi delle ministre che l'hanno distrutto nei fatti.
Ma il web e l'alta velocità in rete sono altra cosa e il vero problema sono i docenti che non l'usano affatto o l'usano male (e dunque c'è ben poco di cui preoccuparsi in termini di esposizione ai campi elettromagnetici a scuola a meno che non ci siano i ripetitori di Radio Maria fuori dalla finestra).
La questione delle onde, tornata in auge proprio in queste ore, è endemica e controversa. Più che altro sembra legata all'uso smodato dei cellulari - almeno per quanto rilevato dai 31 scienziati riuniti a Lione della commissione Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca contro i tumori) che se ne occupa.
Considerando che negli ambienti di lavoro, in università e ormai un po' dappertutto, abitazioni private comprese, il Wi-Fi c'è da tempo, dovrebbero esserci più evidenze di quelle rilevate e in tal caso le preoccupazioni non riguarderebbero tanto gli alunni quanto intere categorie di lavoratori ben più esposti.
Tuttavia, per il principio di precauzione, già parecchi anni fa alcune scuole scelsero la via del cablaggio delle classi per i collegamenti ad Internet (a Pavia è cablato tutto il IV Circolo, ad esempio).
Non è mia intenzione sminuire i pericoli. Inquinamenti di ogni tipo sono ovunque intorno a noi e tenere alta la guardia è un diritto oltre che un dovere. Per questo personalmente mi auguro che il 12 e 13 giugno si vada a votare sì contro la reintroduzione del nucleare, visto che la Cassazione non ha bloccato il referendum nonostante le furbizie governative per farlo saltare.
Con una certa dose di veleno inviterei anche i genitori ad evitare di intasare gli ingressi e le uscite degli alunni dalle scuole con i gas di scarico degli automobiloni con i quali depositano e prelevano i loro figli. Forse, alla fine, sono più dannosi e di cattivo esempio questi del poco wireless che "respirano" in classe.
Ho un ultimo rilievo da fare ai genitori circa le fonti dalle quali si attingono e rilanciano le informazioni.
Infatti le notizie relative alla pericolosità delle onde rimandano ad un sito, "La scienza marcia e la menzogna globale" da prendere con le molle per il carattere complottistico e un po' esoterico che lo contraddistingue. In un post dove si parla di queste onde elettromagnetiche, senza mai citare alcun dato, si finisce sproloquiando "di antenne per il controllo mentale che sembra operino in sinergia con le scie chimiche ed i nanosensori da essi diffusi". Bufale insomma.

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15.4.09

Il dopo terremoto. Ricostruire senza deroghe e condoni

La Provincia Pavese, aprile 2009

Terremoto. Day after. Dopo una simile catastrofe resta ben poco da dire. Alla distruzione e ai morti si aggiunge la tragedia umana dei sopravvissuti. Tutti, senza distinzioni di credo o colore politico, partecipano al cordoglio, tutti si danno da fare. Società civile e volontariato sono a pieni giri e Berlusconi, con l'orgoglio tipico delle mentalità autarchiche, rifiuta aiuti dall'estero.
A noi, che siamo altrove e in una zona sismica relativamente sicura, non resta che sperare in una rapida ricostruzione perché è questo che vorremmo se avessimo perso la nostra casa, i nostri ospedali, le nostre scuole. Purtroppo sappiamo che non è stato così dopo altri terremoti. Allo stesso modo sappiamo che altrove, in Giappone ad esempio, scosse sismiche di simile violenza non hanno gli stessi effetti e lo stesso numero di vittime. La ragione è semplice: si fa prevenzione. I terremoti non saranno prevedibili, come continua a sottolineare stizzosamente Bertolaso - personaggio abbastanza discusso - in sintonia con la maggioranza degli esperti. Però una settimana prima Giampaolo Giuliani, ricercatore e tecnico di fisica dei laboratori dell'Infin del Gran Sasso - non un rabdomante dunque - aveva messo in guardia sul rischio. Lo hanno ridicolizzato ed indagato per procurato allarme. In realtà, da quel che è dato capire, non si sarebbe potuto fare granché comunque. Non avendo certezze di ora e di luogo non sembra attuabile l'evacuazione preventiva di vaste zone densamente popolate. Da qui a tranquillizzare la popolazione sostenendo che non ci sono pericoli ce ne corre. I pericoli nelle zone sismiche ci sono sempre, si sa, e l'unica possibilità è una seria prevenzione. Il citato Giappone costruisce da tempo case antisismiche. A Pavia c'è un centro di ricerca universitario d'avanguardia che studia la resistenza delle strutture, riproducendo terremoti in laboratorio. Edificare case a basso rischio di crollo si può. Perché non lo si è fatto in Abruzzo dove a cedere non sono stati solo edifici medioevali, ma anche costruzioni recenti? Siamo alle solite. Da noi si vagheggia di arditi ponti sullo stretto di Messina (zona sismica quante altre mai!), ma poi non si rispettano neppure le leggi esistenti per costruire in modo sicuro, permettendo deroghe e condoni in cambio di bustarelle e voti. Patti scellerati tra una popolazione abituata ad arrangiarsi, avidi speculatori, costruttori senza scrupoli e un ceto politico-amministrativo colluso con ogni fonte di facile guadagno.
Ci vuole ottimismo per aver fiducia che le cose cambieranno nell'immediato futuro. Più facile prevedere che alla prossima catastrofe si ripeterà la medesima corsa alla solidarietà, seguita da polemiche, accuse, controaccuse e sfilza di buoni propositi.

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4.3.09

Insegnanti in trincea. Senza futuro. Scuola che naviga a vista

La Provincia Pavese, mercoledì 4 marzo 2009

Qualche giorno fa centosessanta persone si sono ritrovate nell'aula magna dell'università di Pavia ad ascoltare Franco Frabboni, noto pedagogista. Inevitabilmente mi sono ritrovato d'accordo sull'excursus di quarant'anni di buone pratiche pedagogico-didattiche e sugli impietosi attacchi all'attuale politica scolastica governativa. Eppure una certa fiducia nella capacità della scuola a superare, nonostante tutto, anche questa bufera mi lascia perplesso.
Intanto non è così vero che l'istituzione scolastica sia stata, sia e sarà migliore della società che l'esprime. A scuola le «buone pratiche» hanno sempre convissuto con le mediocri e le pessime. Se a un certo punto anche la pedagogia ufficiale si è attestata su posizioni «avanzate» condividendo con la didattica e la psicologia la centralità della persona in un contesto educazionale ricco di stimoli, ciò non significa che questa tendenza (né di destra, né di sinistra, si badi bene) abbia permeato di sé tutta la pratica educativa.
L'assegnare all'istruzione solo una parte strumentale all'interno del più vasto e complesso processo formativo, è stato vanto di molti docenti, in particolare nella scuola primaria, ma non di tutti e forse neppure della maggioranza. Molti hanno perseverato nel «tenere fuori dall'aula» l'alunno con tutti i suoi bisogni continuando a riempirne la testa con nozioni esauste, spesso obsolete, e frustrandosi sempre più man mano che s'imponeva la necessità di un nuovo modo di procedere. Il tempo pieno e la distribuzione delle competenze educative in équipe d'insegnanti paritetici è stato di grande, reciproco aiuto.
Ora si va in controtendenza. Nonostante le proteste e le manifestazioni che hanno coinvolto un vasto fronte di studenti insegnanti e genitori, cifre pubblicate su La Repubblica dicono che «nelle superiori il 72% degli studenti non ha tutte sufficienze e quasi 35mila ragazzi non hanno avuto la sufficienza per il comportamento». Ciò significa non soltanto una passiva accettazione dei docenti del ritorno al passato, ma un uso attivo di strumenti la cui efficacia didattico-pedagogica è stata smentita dalla stragrande maggioranza degli studiosi in materia.
È ben vero che nelle iscrizioni alle elementari l'80% sceglie le 30 o 40 ore bocciando così il vecchio maestro unico delle 24 ore, ma non so fino a che punto questa sia una scelta pedagogicamente consapevole e non risponda piuttosto alla necessità di avere un luogo fisico accudito dove lasciare il più a lungo possibile i figli in questa fascia d'età. Inoltre nessuno sa come si potrà far fronte a queste richieste nel totale marasma di indicazioni e controindicazioni. Si naviga a vista e quella che sarà la scuola primaria dei prossimi anni è un mistero anche per chi vi opera giornalmente.
La sensazione a pelle è che la situazione peggiorerà vistosamente non potendo fare affidamento all'infinito sulla disponibilità degli insegnanti a coprire le falle sempre più larghe aperte dalla insufficienza del personale a disposizione per orari prolungati oltre le 24 ore. Inoltre l'aver ribadito comunque l'unicità di un solo maestro su tutte le materie principali - eliminando anche ogni compresenza - non può che ridurre al minimo l'offerta formativa. Perché un insegnante dovrebbe farsi carico di tutte le materie con lezioni da preparare e quaderni da correggere mentre un altro si limiterebbe ad assistere quegli scolari parcheggiati al pomeriggio (tra l'altro neppure sempre gli stessi)?
Ha un bel indicare Frabboni i Freinet e i Ciari pilastri dell'educazione. Mi è capitato nel corso di troppi anni di citarli a docenti che mi guardavano con lo sguardo assente di chi non ne ha mai sentito parlare. Anche Don Milani è conosciuto più per sentito dire che per diretta frequentazione dei suoi scritti. Abbiamo asili nido e scuole materne comunali d'eccellenza, grazie a passati investimenti in aggiornamenti con Loris Malaguzzi e i suoi discepoli, ma nei dintorni non mancano asili dove si assegnano giornalmente stelline di merito da consegnare ai genitori. Rossa a chi e stato «cattivo», verde a chi è stato «bravo», in perfetto stile gelminiano.

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30.1.09

Pavia alle elezioni senza tanto entusiasmo

La Provincia Pavese, venerdì 30 gennaio 2008

Non ho mai visto di buon occhio il matrimonio politico Capitelli-Filippi e dunque non mi rammarico certo per il loro divorzio. Mi rincresce, umanamente, per Piera Capitelli. Mi unisce a lei una amicizia di lunga data, che non m'impedisce però di valutare, per quel che ne so, assai negativamente l'operato della sua giunta. Seguo alla lontana, ormai, le vicende politiche pavesi, e magari me ne faccio anche una colpa. Da quel che si legge Filippi è il «duro» contro il quale alla fine la Capitelli si è schiantata. Non per ragioni di fondo, si badi bene, ma per beghe interpersonali e questioni di cadreghini. Squallido! E' il segno negativo di questa amministrazione che di sinistra ha soltanto il nome. Rincresce che la puntuale denuncia di molte storture da parte della consigliera Irene Campari rimanga relegata nei post del suo blog Circolo Pasolini. Rincresce anche per l'impegno di ricerca spesso profuso. La Campari ha minuziosamente elencato ventinove punti d'accusa alla giunta Capitelli. Ciò detto la cacciata della Capitelli non apre prospettive rosee. I successori potrebbero fare anche peggio. Col buonsenso di un ex operaio e sindacalista della Necchi, il consigliere Di Tomaso, uno dei primi a sfilarsi dalle scelte di questa Amministrazione, esprime i suoi timori nel far da sponda alla prossima vittoria del centro-destra. Insomma: magari la Capitelli se ne andrà, ma, come spesso accade tra le italiche sponde, tutto cambierà perchè nulla cambi. Si crede davvero che i pavesi, pur mugugnando mugugnando, voteranno nuove facce, (sempre ammesso che qualcuno non compromesso con poteri e partiti locali trovi la forza di presentarsi alle prossime elezioni)? Personalmente ci conto poco. Chissà! Probabilmente sarà lo stesso Ettore Filippi a far ancora il vicesindaco e il consigliere al San Matteo (Cda San Matteo: 31.500 euro l'anno + 200 euro a seduta e a ciò si aggiunga il compenso come assessore comunale, scrive Irene Campari). A meno che non punti direttamente a diventare sindaco.

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21.12.08

Così si è fermata la "riforma" della scuola

La Provincia Pavese, mercoledì 17 dicembre 2008

La “riforma” della scuola fa ploff. Bugie! Nessuna retromarcia, assicura la Gelmini. L'abbiamo sempre voluta così. Sarà, né canterei vittoria nei panni di chi si è opposto. Restano infatti innescati tutti i rischi di fondo legati ai tagli delle spese. Gli unici che hanno fatto "bau" e subito si sono visti ripristinati i fondi sono Papa e vescovi con le loro scuole private. Su tutti gli altri la scure è a mezz'aria. Una cosa è certa: della "grande riforma" per il momento restano i grembiulini, magari anche quelli lasciati alla discrezionalità delle singole scuole. Il maestro unico, confermato sulla carta, salta nei fatti. Rimarrà là dove già era. A richiesta dei genitori resteranno invariate le 27 ore (un maestro più cinque ore considerando che, per contratto, le ore frontali degli insegnanti elementari sono 22+2 dedicate ad altre incombenze). 27 ore fanno quasi un maestro e un quarto (e uno o due rientri pomeridiani per gli alunni, a seconda se al sabato si sta a casa o meno), poi ci sono le 30 ore (un maestro e mezzo scarso, due o tre rientri pomeridiani) e le 40 ore (tempo pieno classico con due docenti per una classe - sarà dura ottenere, come vorrebbe la ministra, che uno sia prevalente rispetto all'altro). Calcoli a spanne senza contar le mense il cui problema resta aperto. Le assistenze in mensa sono considerate, giusto o sbagliato che sia, ore frontali d'insegnamento. Toglierle agli insegnanti per ridurne il numero significherebbe assumere personale esterno (Pagato da chi? Dal Comune). Dunque, per il momento, dopo tanto fracasso, tutto resterà invariato. Anche della riforma delle superiori si parlerà tra un anno. Immutate le condizioni negli altri ordini di scuole.Rinvii strategici. Il cavaliere, con l'Onda, ha perduto consensi. Altri ne ha persi con la storia dell'Iva a Sky e Tremonti che gli ha impedito la retromarcia. Doveva pure recuperare un po' sulla scuola, lasciando le cose come stanno e cercando di vendere il tutto, mediaticamente, come una grande miglioria a vantaggio delle famiglie, finalmente libere di scegliere. I problemi si porrebbero a Tremonti se davvero tutti i genitori optassero per il tempo pieno. Allora altroché tagli degli organici e risparmi: si dovrebbero assumere nuovi insegnanti. Ma niente paura; nella realtà sono le scuole a proporre le offerte formative in base agli organici disponibili. Questo significa che le tanto declamate libere scelte, ben che vada, si ridurranno all'esistente. Per ora. Poi si vedrà. Se non altro così si fiaccherà la protesta. I benpensanti potranno dire: "Visto? Sempre lì a reclamare predicendo catastrofi e invece..."

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5.12.08

Terrorismo - La strage di Mumbai nella fragile India

La Provincia Pavese, mercoledì 3 dicembre 2008

Per comprendere anche solo una vita, dovete inghiottire il mondo. Ve l'avevo detto. (Salman Rushdie, I figli della mezzanotte, Garzanti, 1984)

Ho riletto questo libro dell'80 qualche mese fa. È il miglior romanzo di Salman Rushdie - più celebre, per ragioni extra letterarie, per i Versi satanici. La mezzanotte è quella del 15 agosto 1947, il giorno della proclamazione dell’indipendenza dell’India, e il protagonista, Saleem Sinai, è il primo dei milleuno bambini nati tra mezzanotte e l'una di quella memorabile data. Tutti posseggono doti straordinarie: forza erculea, capacità di diventare invisibili e di viaggiare nel tempo, bellezza soprannaturale. Ma nessuno è capace di penetrare nel cuore e nella mente degli uomini se non lui e il suo negativo alter ego, nato nel medesimo istante.
Sono oltre cinquecento fitte pagine in cui s'intrecciano destini e storie più o meno memorabili a partire dal buco in un lenzuolo nella vallata del Kashmir, sul lago di Srinagar, fino ai sapori dei barattoli di Pinckle del quale Sinai, che guarda il mondo con gli occhi del bambino mai completamente estinto in lui, si fa imprenditore. Si passa dal Pakistan all'India, da Bombay a Delhi attraverso guerre, rivolte e tracolli economici ed emotivi trattando con magico realismo la massa informe di una materia troppo grande per essere dominata. Padma, la serva-padrona del protagonista, liquida rudemente il tutto come "un mucchio di chiacchiere". Ma il vero centro di gravità del libro non è Sinai e la truppa di familiari e personaggi intorno a lui, bensì la Storia dell'India, ed inevitabilmente del Pakistan, che s'interseca con le vicende individuali. Una storia di conflitti di potere, classi dominanti e miserabili, sempre gli stessi, da una parte e dall'altra anche se cambiano nomi e circostanze. Una storia apparentemente senza uscite ne speranze, segnata da corruzione e grandi esplosioni di violenza. Tragica in sé, benché si tinga di comicità quando si mescola alla commedia della vita dei singoli.
Ho ripensato al libro in questi giorni davanti alle incomprensibili immagini di quanto avveniva negli alberghi di Mumbay, per l'idea che dà, pur letterariamente distorta, dell'India e della sua storia.
Questo è il primo atto terroristico dell'era Obama. Un caso? Forse si, forse no. Le ragioni dei massacri sono tante, ma quelle politiche-religiose sembrano le più ricorrenti. Non si era ancora conclusa la vicenda indiana e in Nigeria, nel cuore dell'Africa, l'odio tra cristiani e musulmani ha provocato scontri con centinaia di morti (si parla già di cinquecento, più di quelli degli alberghi di Munbay, però questi "pesano" di meno)
Possiamo condannare il terrorismo in ogni sua forma e cercare tutte le Al-Qaida che vogliamo dietro agli eventi, ma ciò non toglie che, adeguati i metodi ai tempi, le ragioni restano simili a se stesse. Ci sarà sempre qualcuno così disperato, o ideologicamente così fragile, da lasciarsi convincere a compiere gesti ripugnanti per il comune senso d'umanità. I mandanti sanno come e dove reclutarli.
Sembra poi ci siano individui al mondo la cui sensibilità non varca i confini del sé. Il resto dell'umanità per costoro non è composto da persone con il loro raggio di contatti sociali, affetti, emozioni, sentimenti, ma da "gente" indifferenziata senza valore alcuno. Vale per i terroristi, i torturatori, i massacratori, i violentatori e gli sfruttatori in ogni tempo e in ogni latitudine. Il rispetto per l'altrui dignità è un concetto estraneo alle loro menti.

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