Il dopo terremoto. Ricostruire senza deroghe e condoni
La Provincia Pavese, aprile 2009
Terremoto. Day after. Dopo una simile catastrofe resta ben poco da dire. Alla distruzione e ai morti si aggiunge la tragedia umana dei sopravvissuti. Tutti, senza distinzioni di credo o colore politico, partecipano al cordoglio, tutti si danno da fare. Società civile e volontariato sono a pieni giri e Berlusconi, con l'orgoglio tipico delle mentalità autarchiche, rifiuta aiuti dall'estero.
A noi, che siamo altrove e in una zona sismica relativamente sicura, non resta che sperare in una rapida ricostruzione perché è questo che vorremmo se avessimo perso la nostra casa, i nostri ospedali, le nostre scuole. Purtroppo sappiamo che non è stato così dopo altri terremoti. Allo stesso modo sappiamo che altrove, in Giappone ad esempio, scosse sismiche di simile violenza non hanno gli stessi effetti e lo stesso numero di vittime. La ragione è semplice: si fa prevenzione. I terremoti non saranno prevedibili, come continua a sottolineare stizzosamente Bertolaso - personaggio abbastanza discusso - in sintonia con la maggioranza degli esperti. Però una settimana prima Giampaolo Giuliani, ricercatore e tecnico di fisica dei laboratori dell'Infin del Gran Sasso - non un rabdomante dunque - aveva messo in guardia sul rischio. Lo hanno ridicolizzato ed indagato per procurato allarme. In realtà, da quel che è dato capire, non si sarebbe potuto fare granché comunque. Non avendo certezze di ora e di luogo non sembra attuabile l'evacuazione preventiva di vaste zone densamente popolate. Da qui a tranquillizzare la popolazione sostenendo che non ci sono pericoli ce ne corre. I pericoli nelle zone sismiche ci sono sempre, si sa, e l'unica possibilità è una seria prevenzione. Il citato Giappone costruisce da tempo case antisismiche. A Pavia c'è un centro di ricerca universitario d'avanguardia che studia la resistenza delle strutture, riproducendo terremoti in laboratorio. Edificare case a basso rischio di crollo si può. Perché non lo si è fatto in Abruzzo dove a cedere non sono stati solo edifici medioevali, ma anche costruzioni recenti? Siamo alle solite. Da noi si vagheggia di arditi ponti sullo stretto di Messina (zona sismica quante altre mai!), ma poi non si rispettano neppure le leggi esistenti per costruire in modo sicuro, permettendo deroghe e condoni in cambio di bustarelle e voti. Patti scellerati tra una popolazione abituata ad arrangiarsi, avidi speculatori, costruttori senza scrupoli e un ceto politico-amministrativo colluso con ogni fonte di facile guadagno.
Ci vuole ottimismo per aver fiducia che le cose cambieranno nell'immediato futuro. Più facile prevedere che alla prossima catastrofe si ripeterà la medesima corsa alla solidarietà, seguita da polemiche, accuse, controaccuse e sfilza di buoni propositi.
Terremoto. Day after. Dopo una simile catastrofe resta ben poco da dire. Alla distruzione e ai morti si aggiunge la tragedia umana dei sopravvissuti. Tutti, senza distinzioni di credo o colore politico, partecipano al cordoglio, tutti si danno da fare. Società civile e volontariato sono a pieni giri e Berlusconi, con l'orgoglio tipico delle mentalità autarchiche, rifiuta aiuti dall'estero.
A noi, che siamo altrove e in una zona sismica relativamente sicura, non resta che sperare in una rapida ricostruzione perché è questo che vorremmo se avessimo perso la nostra casa, i nostri ospedali, le nostre scuole. Purtroppo sappiamo che non è stato così dopo altri terremoti. Allo stesso modo sappiamo che altrove, in Giappone ad esempio, scosse sismiche di simile violenza non hanno gli stessi effetti e lo stesso numero di vittime. La ragione è semplice: si fa prevenzione. I terremoti non saranno prevedibili, come continua a sottolineare stizzosamente Bertolaso - personaggio abbastanza discusso - in sintonia con la maggioranza degli esperti. Però una settimana prima Giampaolo Giuliani, ricercatore e tecnico di fisica dei laboratori dell'Infin del Gran Sasso - non un rabdomante dunque - aveva messo in guardia sul rischio. Lo hanno ridicolizzato ed indagato per procurato allarme. In realtà, da quel che è dato capire, non si sarebbe potuto fare granché comunque. Non avendo certezze di ora e di luogo non sembra attuabile l'evacuazione preventiva di vaste zone densamente popolate. Da qui a tranquillizzare la popolazione sostenendo che non ci sono pericoli ce ne corre. I pericoli nelle zone sismiche ci sono sempre, si sa, e l'unica possibilità è una seria prevenzione. Il citato Giappone costruisce da tempo case antisismiche. A Pavia c'è un centro di ricerca universitario d'avanguardia che studia la resistenza delle strutture, riproducendo terremoti in laboratorio. Edificare case a basso rischio di crollo si può. Perché non lo si è fatto in Abruzzo dove a cedere non sono stati solo edifici medioevali, ma anche costruzioni recenti? Siamo alle solite. Da noi si vagheggia di arditi ponti sullo stretto di Messina (zona sismica quante altre mai!), ma poi non si rispettano neppure le leggi esistenti per costruire in modo sicuro, permettendo deroghe e condoni in cambio di bustarelle e voti. Patti scellerati tra una popolazione abituata ad arrangiarsi, avidi speculatori, costruttori senza scrupoli e un ceto politico-amministrativo colluso con ogni fonte di facile guadagno.
Ci vuole ottimismo per aver fiducia che le cose cambieranno nell'immediato futuro. Più facile prevedere che alla prossima catastrofe si ripeterà la medesima corsa alla solidarietà, seguita da polemiche, accuse, controaccuse e sfilza di buoni propositi.
Etichette: terremoto Abruzzo