23.1.05

L'obiettivo: fermare l'odio

"La Provincia Pavese" 28 settembre 2001

Retroterra e «mandanti» dell'attacco contro New York

Dopo il massacro alle torri gemelle di New York dell'11 settembre (ormai data storica) niente sarà più come prima. L'ho pensato e detto anch'io, ma sarà poi vero? Forse già "niente era più come prima".
Ben pochi al mondo non hanno visto le immagini trasmesse dalla CNN con il titolo America under attack. Tra questi sono i partecipanti all'edizione americana del "Grande Fratello", cosa che meriterebbe molte considerazioni. La cronaca è stata degna delle più apocalittiche fantasie. La successiva retorica delle dichiarazioni ha dimostrato, se ce ne fosse stato ancora bisogno, l'incapacità della TV parlata a penetrare la superficie degli eventi. Del resto, e lo diceva già Aristotele, un'immagine vale mille parole. Eppure quanto è successo non può restare consegnato alla sua tragica spettacolarità.
Condannare l'inaudito atto di criminalità è una reazione giusta e spontanea. Impossibile non sentirsi solidali con le migliaia di persone morte in maniera tanto atroce ed ancor più con i vivi rimasti ad elaborare un difficile lutto. Ci si domanda come esseri umani possano nutrire tanto odio per altri esseri umani da concepire un simile piano. L'odio è un sentimento viscerale che non tutti conoscono a fondo - io sono tra quelli -. Probabilmente è una fortuna. Ha fatto male, ad esempio, vedere immagini di palestinesi esultanti per l'attentato, ma forse loro sanno bene cosa significhi odiare dopo decenni d'occupazione israeliana. Per me, e credo per molti occidentali, è inconcepibile pensare a quelli che vengono definiti con rispetto dal loro popolo "martiri". D'acchito si direbbero esaltati, deboli di mente. Come è possibile imbottirsi d'esplosivo e andare ad ammazzare o straziare giovani che ballano in una discoteca, donne e bambini che viaggiano su un autobus? Se il discorso cambia quando gli obiettivi sono militari, resta comunque l'incomprensibilità del togliersi la vita. Come si fa ad azzerare l'istinto di sopravvivenza, quell'istinto che ha permesso agli ebrei di sopravvivere all'orrore dei campi di sterminio?
Le radici dell'odio sono profonde. Chi tra noi occidentali ricorda i duemila palestinesi e libanesi dei campi di Sabra e Chatila, alla periferia di Beirut, massacrati dal 16 al 18 settembre del 1982? Sharon, attuale leader israeliano, ne era il responsabile e magari per questa ferocità senza precedenti, che in qualche modo induce sicurezza, è stato eletto dai connazionali. Ma la disumanità è contagiosa e quando non c'è più niente da perdere perché è troppo difficile vivere si può buttar via la propria vita per fare un po' di male al nemico. E' terribile, come è terribile sentire i capi politici e spirituali di queste persone disperate istigare all'odio e alla violenza senza rischiare troppo in prima persona. Anche i terroristi che hanno colpito l'America e, probabilmente, dato una svolta alla storia contemporanea devono credere totalmente alle proprie ragioni per aver fatto quanto hanno fatto. Alla luce della ragione non può esserci motivazione che giustifichi un tale atto. Per quanto sia grande una sofferenza e per quanto sia grande il desiderio di vendetta, un conto è colpire i responsabili diretti, altro conto indurre morte e sofferenze inaudite in migliaia di persone prese a caso.
Se la storia non inganna dietro comportamenti tanto irrazionali stanno convincimenti ideologici e religiosi alimentati ad arte da capi senza scrupoli che fanno della gerarchia, e del servilismo che ne consegue, la base del proprio indiscusso potere. Altroché fine delle ideologie!
Io non so se Bin Laden sia il mandante della strage americana, ciò che si sa è che la CIA ha usato cinicamente in chiave antisovietica gli estremisti islamici e Bin Laden, finanziandoli ed armandoli, col bel risultato di mandare al potere i settari Talebani in Afghanistan. Ancora una volta a subire le conseguenze di politiche irresponsabili non siamo stati noi occidentali, ma gli abitanti di quel povero paese, in particolare le donne cadute in un abisso di orrori. Ora i Talebani minacciano ritorsioni sul mondo invitando tutti gli islamici ad unirsi a loro nella Jihad, la guerra santa, contro il diavolo occidentale. "Guerra santa": altra follia ricorrente delle religioni per giustificare l'ingiustificabile (anche le crociate erano "guerre sante"). Bin Laden è certamente un sanguinario fanatico sunnita ("sunna": regola di comportamento tratta dal Corano) convinto che il suo dio l'ha aiutato a sconfiggere la Russia e l'aiuterà a distruggere l'America, ma nessuno può, per questo, sentirsi autorizzato a considerare i musulmani in blocco come responsabili di quanto è avvenuto.
I fedeli islamici sunniti non sono tutti fondamentalisti assetati del sangue dei non credenti. I più, anzi, sono persone di grande civiltà benché con referenze culturali differenti dalle nostre. Cerchiamo di non fare il tragico errore di sospingere quelli culturalmente meno attrezzati tra le braccia degli integralismi religiosi così come tra le braccia del più becero razzismo stanno finendo frange consistenti di "civilissimi" occidentali. Personalmente sono agnostico, appartengo dunque ad una infima minoranza nel mondo, però rabbrividisco nel constatare il disprezzo per l'altrui esistenza e dignità di appartenenti a fedi che pure hanno nei loro testi richiami precisi alla sacralità della vita. Dimenticare che i musulmani sono tra le comunità di credenti più numerose nel mondo, cadendo nella trappola di una guerra tra opposte ideologie, sarebbe disastroso. Questo è il vero obiettivo di chi ha scatenato il terrore a New York. Odio chiama odio in una spirale che solo razionalità e comprensione possono spezzare.
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